Acido lattico: amico o nemico dei muscoli?

Tutti gli sportivi conoscono la sensazione di affaticamento muscolare che insorge in seguito all’esercizio prolungato, e con livelli di intensità crescenti. Questo accade tanto a chi si cimenta in discipline di endurance, come podismo, ciclismo, nuoto, quanto a chi preferisce lavorare in sala pesi. L’attività fisica richiede un fabbisogno energetico maggiore di tutte le altre funzioni biologiche del nostro organismo, che può arrivare nel caso di attività molto intensa, a essere 100 volte superiore rispetto a quella che richiede il nostro corpo in condizione di riposo.

Così, ad esempio, durante una impegnativa salita in bici, o dopo un certo numero di vasche in piscina, cominciamo ad avvertire quei segnali di allarme rappresentati dal bruciore e indurimento muscolare, che ci avvisano di essere arrivati ad un livello di lavoro che segna il nostro limite, oltre il quale possiamo continuare la nostra attività fisica solo riducendo il livello di intensità. Come sappiamo, nel corso dell’attività fisica, l’ossigeno gioca un ruolo fondamentale nel processo di liberazione di energia da parte dei muscoli. Nel corso di una sessione di lavoro aerobico, al 70% della nostra massima frequenza cardiaca, la disponibilità di ossigeno risulta sufficiente a fornire l’energia ricavata da zuccheri e grassi, con prodotti finali CO₂, che ritorna al sangue e ai polmoni, e H₂O, che si elimina con la sudorazione. Un processo del genere può durare a lungo, come dimostra chi si cimenta in gare di lunga distanza come le maratone. Ma quando aumentiamo l’intensità del nostro lavoro (80% e oltre), la disponibilità di ossigeno diventa inadeguata, e si ottiene come prodotto finale una grande quantità di acido lattico che determina uno stato di intossicazione delle cellule muscolari. Il livello di acidità sale al punto che non risulta più possibile proseguire con l’esercizio, se non riducendone l’intensità. Per questo motivo l’acido lattico viene spesso Imageconsiderato nemico dell’attività sportiva, e, ritenuto erroneamente responsabile del dolore muscolare che si avverte nei giorni successivi ad un allenamento particolarmente intenso. Nella realtà, il dolore post-allenamento è dovuto ai microtraumi a livello muscolare, in quanto l’acido lattico viene smaltito nelle fasi immediatamente successive allo sforzo, riconvertendosi in glicogeno.

Riuscire ad effettuare un esercizio molto intenso senza accumulare acido lattico è l’obiettivo di molti atleti, e per arrivare a questo bisognerà inserire nella propria programmazione degli allenamenti specifici che verranno effettuati alla velocità della “soglia anaerobica”. Nell’esempio della corsa, significherà mantenere un’andatura  sostenuta in modo da attivare quei processi che inducono l’organismo a produrre più acido lattico, così da aumentare la capacità di smaltirlo. Un sistema che consiglio agli sportivi non professionisti è quello di lavorare su sessioni allenanti composte da 10-15 minuti di corsa alla velocità di soglia anaerobica, alternate con altrettanti minuti di corsa rigenerante, ad una velocità che consenta il recupero, per un totale massimo di un’ora di lavoro.
E’ opportuno stabilire il valore della propria soglia anaerobica con il proprio allenatore mediante opportuni test.

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