Il classico sistema piramidale prevede lo sviluppo della sessione allenante iniziando da una serie con più alto numero di ripetizioni, per passare a serie con ripetizioni che vanno via via diminuendo, man mano che si sale verso il vertice della piramide.
Pur essendo un metodo che si adatta a molti protocolli di lavoro sportivo, il piramidale classico si presta meno allo sviluppo della forza. Infatti, il lavoro iniziale delle prime serie, risulta poco efficace per questo scopo, in quanto nell’esecuzione di queste serie l’atleta regolerà l’intensità dello sforzo risparmiando energie per le serie massimali (parte alta della piramide).
Il risultato è che le serie a basso numero di ripetizioni, che richiedono sforzi massimali, verranno svolte in condizione di affaticamento che mal si presta come situazione ottimale per lo sviluppo della forza.

Alla luce di questo molti autori hanno suggerito la necessità di rovesciare la piramide, partendo dall’alto, e proseguendo in modo discendente verso serie con più alto numero di ripetizioni.
Questo presuppone, al fine di evitare infortuni, che sia preventivamente svolto un congruo e opportuno riscaldamento.

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Un doveroso appunto: in vetta alla piramide abbiamo quella che viene definita 1RM, che sta per una ripetizione massimale.
Meglio ricordare che quando si lavora con il massimo del carico che la nostra forza può sopportare, corre l’obbligo di prendere tutti gli accorgimenti necessari a garantire la propria sicurezza e quella di chi ci assiste.
Dal mio punto di vista, per non incorrere in facili infortuni, utilizzo la 1RM solo nell’ambito dell’esecuzione di test per la valutazione della condizione dell’atleta, riservandomi di partire dal gradino delle 3 ripetizioni all’85%, per il lavoro normale.

L’affaticamento che insorge in seguito al lavoro muscolare, determina non solo una diminuzione delle riserve energetiche, ma anche un aumento dell’acidità muscolare. Questo viene segnalato al cervello attraverso sensibili vie di conduzione nervosa, dando luogo all’attivazione di processi che inibiscono il controllo dei movimenti. Ne consegue una diminuzione nel numero e nella frequenza delle scariche nervose (Reindell et al. In Koitzsch 1972, 629).
Per effettuare un movimento alla massima velocità è necessaria un’elevata coordinazione, quindi è logico pensare che in uno stato di affaticamento, in cui risultano compromessi i processi di controllo del sistema nervoso centrale, non si renda possibile il raggiungimento della velocità ottimale.
Anche gli esercizi preposti al lavoro dello sviluppo della rapidità, andranno dunque inseriti all’inizio della sessione allenante, previo riscaldamento.
A questo proposito è il caso di spendere due parole anche sui metodi utilizzati per il riscaldamento. Solitamente, la fase di “warm up”, prevede un lavoro iniziale di tipo aerobico, con intensità crescenti man mano che si protrae il lavoro. Con il riscaldamento russo, invece, Masterovoi propone di iniziare già da un riscaldamento muscolare locale composto da alcuni esercizi di forza.
Come sottolinea Gilles Cometti (La preparazione fisica nel Basket – Società Stampa Sportiva – Roma 2002), nella costruzione di una seduta di allenamento non dobbiamo dimenticare che non si possono preparare le fibre rapide mediante un lavoro rivolto alle fibre lente. In particolare, spiega Cometti, un lavoro sulla velocità richiede di evitare l’affaticamento iniziale e di sollecitare le strutture nervose in condizioni di freschezza.

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